Disobbedienza civile e teoria del diritto. I conflitti presi sul serio

23/12/2012 | Lettura della settimana

Il tema della disobbedienza civile è per lo più oggetto di analisi sociologiche, politologiche o morali. Risulta però poco sviluppato, almeno in Italia, fatta eccezione per alcuni contributi, un filone di analisi filosofico-giuridica. Eppure, si potrebbe sostenere, il fenomeno centra uno dei temi classici della disciplina, quello dell’obbligatorietà della legge ingiusta. In particolare, ci sembra interessante studiare il caso di pratiche di disobbedienza pubbliche e non violente che violano alcune norme al fine di denunciare non soltanto l’ingiustizia, ma anche l’invalidità di queste o di altre norme (i c.d. “casi esemplari”). Si tratta, infatti, della possibilità che una forma di violazione di una norma sia non soltanto considerata moralmente corretta, ma anche, in particolari casi, non sia considerata illecita o perché una forma di “esercizio di un diritto”, o di “esercizio di un dovere”, o perché della norma proibitiva viene dichiarata l’illegittimità costituzionale. In questo saggio intendiamo discutere questi casi di disobbedienza “in nome del diritto”, cioè forme di “lotta per i diritti” che hanno per obiettivo allargare il catalogo delle pretese riconosciute dall’ordinamento, o di restringere il campo di applicazione di norme proibitive, attraverso nuove interpretazioni di disposizioni costituzionali, di convenzioni internazionali o di articoli di legge. La natura della disobbedienza civile come lotta per i diritti necessita però del riconoscimento della natura conflittuale dell’universo normativo (sia morale sia giuridico) all’interno del quale i cittadini, i giuristi e gli operatori giuridici interpretano le disposizioni, valutano l’obbligatorietà delle norme giuridiche e decidono se obbedire o meno. Da questo punto di vista la monografia intende studiare il fenomeno come una prova 1) di quanto particolare e contingente sia il giudizio circa l’obbligatorietà di obbedire al diritto, 2) di quanto labili siano, in particolari condizioni di indeterminatezza dell’ordinamento, i confini tra il diritto e il “non diritto”, 3) di quanto conflittuale sia l’universo valoriale che dovrebbe guidare il giudice nel risolvere i “casi difficili”, 4) di quanto moralmente tragica sia la situazione di chi decide di disobbedire alla legge in modo “civile e non rivoluzionario”, per esprimere una forma di fedeltà a dei principi giuridici che vengono violati dalle autorità che dovrebbero rispettarli. Per questa ragione un teorico del diritto che studi il fenomeno non può che “prendere i conflitti sul serio”.

Torino, Giappichelli Editore
2012 – pp. XXII-250 – ISBN 978-88-348-3667-5

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