La misura di sicurezza personale in Casa di lavoro rappresenta oggi un banco di prova per la riflessione critica sul diritto, segnatamente nella prospettiva dello Stato democratico costituzionale e dei diritti fondamentali, anche di rango sovranazionale, soprattutto in relazione ai soggetti considerati ‘vulnerabili’.
Quando fu introdotta nell’ordinamento, nel 1931, la Casa di lavoro fu concepita come un punto d’intersezione tra approccio autoritario e impostazione liberale, e l’attività lavorativa era assunta quale strumento per il reinserimento sociale del soggetto considerato “pericoloso”.
Si tratta di un compromesso oggi non più giustificabile e comunque ampiamente fallimentare.
Il volume – attraverso una riflessione a più voci, tra le quali non poteva mancare quella degli “internati” – mette in questione la presunta razionalità dell’istituto e segnala l’esigenza di un indifferibile intervento di riforma che porti all’abolizione di questo “fossile vivente”, un “rudere” che rende più vulnerabili persone già fragili e svantaggiate.
Editore: Mucchi, Modena
A cura di Francesco De Vanna
ISBN: 978-88-7000-863-0
Pagine: 120
Anno di pubblicazione 2020