27 gennaio – Giornata della memoria.
Fare memoria, memorizzare, tenere a mente, sono tutti esercizi importanti per esercitare un dovere che è, anche, un diritto.
Bisogna avere ben presente che la Giornata della memoria, istituita dalla stessa Unione Europea, non dovrebbe essere una celebrazione “compassionevole” dello sterminio del popolo ebraico, quanto piuttosto uno strumento per celebrare la rifondazione dell’Europa, dopo le tragedie del nazi-fascismo, di cui la Shoah è il simbolo principale. Shoah dunque come emblema estremo della capacità umana di distruggere, evento radicale che oggi deve sollecitare, insieme al ricordo, una riflessione rigorosa e costante su razzismo e intolleranza, per evitare che tutto ciò si possa ripetere. Solo così la Giornata della memoria potrà non essere una mera ricorrenza.
Spesso l’uomo odierno è – secondo la felice intuizione di Todorov – un uomo “spaesato”, soprattutto davanti al futuro. In questo mondo pensieri e comportamenti razzisti rischiano di diventare quasi, come rilevano molti sociologi, un modo per trovarsi un proprio spazio, per “contare”, finendo per alimentare azioni ingiuste, aggressive, violente. Una società che cede allo spaesamento e che si faccia vincere dal vittimismo e dal risentimento è sicuramente una società meno libera, meno democratica, senza prospettive. A tutti, dunque, spetta il compito di contribuire al contrasto e alla cancellazione di ogni tipo di discriminazione, alla costruzione di una società in cui razzismo e intolleranza non abbiano cittadinanza: ecco cosa significa dunque l’esercizio della memoria, quel “ricordare per non ripetere”.
Credo che si debba stipulare un patto tra istituzioni e sfere della società che sia il segno di un’opposizione netta al razzismo, alla xenofobia, all’antisemitismo, alle discriminazioni di ogni genere.
Il nodo è tutto qui. Convivere con l’Altro, con il diverso da me. Il problema del nostro tempo è come vivere insieme tra diversi. Un vivere insieme che è sempre difficile e che è, dunque, un’arte da coltivare. E’ la grande alternativa alla disintegrazione della società. Un “vivere con” che vuol dire pazienza, umiltà, impegno, capacità di comprensione, mitezza, grande alternativa al “vivere senza”, che è di fatto l’anima di tutti i razzismi. Si tratta di parlare, di incontrare, di stare insieme, di guardarsi in faccia, a partire dallo spazio pubblico, andando oltre i luoghi comuni.
Thomas Casadei
Consigliere reg. Pd – Commissione Parità
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