Una scuola di qualità e per tutti
In netta controtendenza rispetto alla destra di questo paese, convinti che il cambiamento e il futuro dell’Italia possa e debba partire dalla scuola, dalla ricerca, dai saperi, dalla cultura. Tagliare in queste aree strategiche, come hanno fatto Gelmini e Tremonti, significa far arretrare il paese, ancora di più in un’ epoca di crisi.
Il mondo della scuola è certamente provato, ma non domo. Lo dimostrano le tantissime manifestazioni e la mobilitazione che si è generata nel paese, sempre più intensa e che dal nostro territorio abbiamo contribuito, con molte iniziative, a promuovere fin da prima dell’estate scorsa. Una mobilitazione che vede tutti coinvolti – studenti, insegnanti, personale amministrativo, ricercatori e docenti dell’università – convinti che i provvedimenti della Gelmini siano uno scempio per la qualità del sistema scolastico, formativo, accademico.
Certamente serve una riforma, ma una riforma che guardi al futuro che – prima di ogni altra cosa – investa sulla scuola e le attribuisca il ruolo fondamentale che deve avere in un necessario processo di rigenerazione morale, culturale, civile, democratica di un’Italia che non rinuncia a guardare all’Europa e al mondo.
Troppi sono gli assurdi contenuti nel provvedimento Gelmini, basti pensare al fondo per il diritto allo studio spettante alla nostra regione, che a causa dei tagli in finanziaria, potrebbe quasi azzerarsi con il risultato che non sarà più possibile finanziare borse di studio agli studenti meritevoli e sotto una certa soglia Isee.
Se guardiamo ai numeri vediamo che nel 2009 il fondo per l’Emilia-Romagna ammontava a 24 milioni di euro, con i quali si è riusciti a coprire il 100% delle domande, nel 2010, conseguentemente ai tagli lineari apportati dal governo, il fondo è stato ridotto a 11 milioni di euro, cifra sufficiente a coprire solo l’80% delle domande. Nel 2011, se l’attuale finanziaria andrà in porto, al fondo regionale spetterà solo poco più di un milione di euro. Per il 2011 e il 2012 la Regione, perseguendo un via radicalmente diversa rispetto alle destre, si impegnerà a reperire finanziamenti, ma nel 2013 l’investimento possibile in materia rischia di essere pari a 0. Per noi del Pd e del centro-sinistra la concessione delle borse di studio è un intervento cardine della strategia regionale per il diritto allo studio, e occorre essere consapevoli che le precarie condizioni lavorative di tanti genitori faranno inevitabilmente lievitare il numero di ragazzi che necessiteranno di aiuto: nonostante le difficoltà economiche si tratta dunque di una scommessa che possiamo e dobbiamo vincere. Per non rinunciare a costruire il futuro e auspicando che questa divenga, il prima possibile, la prospettiva di un nuovo governo nazionale.
Nell’ultimo anno gli studenti in Emilia-Romagna sono aumentati di circa novemila unità e l’edilizia scolastica non può che essere una priorità. Nonostante la manovra economica del governo nazionale, che ha azzerato i fondi per l’edilizia scolastica e ha messo in ginocchio gli enti locali (altro che il federalismo della Lega…), la Regione ha deciso di recente di stanziare 5.400.000€ per gli interventi. Si tratta di una cifra importante per il bilancio, ma comunque un importo insufficiente per soddisfare il reale fabbisogno degli enti locali proprietari degli edifici scolastici.
La destra al governo e la Lega hanno tagliano anche sugli insegnanti di sostegno e dunque precludono alle persone con disabilità di costruirsi percorsi di autonomia.
Esigibilità dei diritti e accessibilità ai servizi e agli spazi pubblici e urbani sono la precondizione perché si possa parlare di reale inclusione delle persone con disabilità. Accessibilità volta a consentire loro di vivere in maniera indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli ambiti della vita.
E’ paradossale, inoltre, è verificare come a distanza di soli 10 anni dalla morte di una straordinaria figura come quella di Antonio Ruberti, ideatore del ministero con portafoglio dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica nonché dell’internazionalizzazione dei percorsi formativi con l’introduzione dei progetti Socrates e Leonardo e dello “spazio comune della ricerca” dell’Unione, la ricerca sia stata ridotta da elemento fondante per un corretto sviluppo a semplice voce di capitoli di spesa in bilanci, voce da tagliare perché costosa.
La ricerca è il motore di una società che sceglie di investire su se stessa e di crescere. Come può progredire il nostro Paese se investe in ricerca meno dell’1% del Pil mentre il resto dell’Europa è ben oltre al 3%?
A livello regionale si sta cercando di percorrere una via radicalmente alternativa, con la scelta dei tecnopoli e la valorizzazione degli insediamenti universitari, tutelando il diritto allo studio e mettendo a punto strategie di maggior interconnessione tra sistema universitario e tessuto economico, produttivo, sociale. Per Forlì e il polo decentrato romagnolo si tratta di una rinnovata sfida, che intendiamo vincere attraverso percorsi di stretta cooperazione tra i diversi soggetti istituzionali e l’Ateneo bolognese. L’apertura all’Europa e al mondo e dunque il consolidamento della vocazione internazionale dell’insediamento universitario rappresentano la stella polare di un’idea di sviluppo della città e del territorio che guardano al futuro, costruendolo a partire dal presente.
Si apre per la scuola un nuovo ciclo storico, dopo l’alfabetizzazione primaria nel secondo dopoguerra, la scuola media unica degli anni ‘60, il tempo pieno, l’integrazione scolastica, la scuola dell’infanzia degli anni ’70, la nuova società italiana, il mondo globale, i migranti.
La scuola è il luogo della nuova cittadinanza.
La transizione del popolo italiano, in realtà un’emergenza, dalla paura alla speranza, dall’esclusione all’inclusione sociale, dall’individualismo alla responsabilità, dal disprezzo per le regole all’etica, dalla frammentazione alla coesione, dalla sudditanza alla partecipazione sarà faticosa (lo ricordava Mario Luzi già nel 1994). Ma il Paese cambierà. In questo passaggio vive la scuola. Qui è la sua missione, il suo futuro si identificherà con il futuro dell’Italia. Qui sta il ruolo dei docenti, pilastro di una nuova visione della scuola che ne rilanci e valorizzi la professionalità.
Una nuova generazione chiede di poter rimanere in Italia e di entrare da protagonista nel mondo nuovo. Il Pd è al fianco di questi giovani, insieme a loro, così come lo è stato e lo è nella mobilitazione permanente di questi mesi. Per cambiare l’Italia, a partire dai saperi.