IMPEGNO PUBBLICO E ATTIVITA’ ISTITUZIONALE – Aggiornato a dicembre 2014

Lettera dei/delle docenti universitari/e contro il razzismo a sostegno del primo marzo, "una giornata senza di noi"

Noi docenti precari/e e docenti non precari/e delle università italiane abbiamo deciso di aderire alla giornata del primo marzo, “una giornata senza di noi”, presentando ai nostri studenti e alle nostre studentesse, dove possibile anche durante le ore di attività didattica nei giorni che precedono il primo marzo, dapprima la lettera dei lavoratori africani di Rosarno, riunitisi in assemblea a Roma alla fine di gennaio, e poi il testo che leggeremo alla fine della loro lettera e invitandoli/e a partecipare alle iniziative della giornata:

 

 I mandarini e le olive non cadono dal cielo
In data 31 gennaio 2010 ci siamo riuniti per costituire l´Assemblea dei lavoratori Africani di Rosarno a Roma.
Siamo i lavoratori che sono stati obbligati a lasciare Rosarno dopo aver rivendicato i nostri diritti. Lavoravamo in condizioni disumane. Vivevamo in fabbriche abbandonate, senza acqua né elettricità. Il nostro lavoro era sottopagato. Lasciavamo i luoghi dove dormivamo ogni mattina alle 6.00 per rientrarci solo la sera alle 20.00 per 25 euro che non finivano nemmeno tutti nelle nostre tasche. A volte non riuscivamo nemmeno, dopo una giornata di duro lavoro, a farci pagare. Ritornavamo con le mani vuote e il corpo piegato dalla fatica. Eravamo, da molti anni, oggetto di discriminazione, sfruttamento e minacce di tutti i generi. Eravamo sfruttati di giorno e cacciati, di notte, dai figli dei nostri sfruttatori. Eravamo bastonati, minacciati, braccati come le bestie…prelevati, qualcuno è sparito per sempre.

Ci hanno sparato addosso, per gioco o per l´interesse di qualcuno. Abbiamo continuato a lavorare. Con il tempo eravamo divenuti facili bersagli. Non ne potevamo più. Coloro che non erano feriti da proiettili, erano feriti nella loro dignità umana, nel loro orgoglio di esseri umani.
Non potevamo più attendere un aiuto che non sarebbe mai arrivato perché siamo invisibili, non esistiamo per le autorità di questo paese. Ci siamo fatti vedere, siamo scesi per strada per gridare la nostra esistenza.
La gente non voleva vederci. Come può manifestare qualcuno che non esiste? Le autorità e le forze dell’ordine sono arrivate e ci hanno deportati dalla città perché non eravamo più al sicuro. Gli abitanti di Rosarno si sono messi a darci la caccia, a linciarci, questa volta organizzati in vere e proprie squadre di caccia all´uomo.

Siamo stati rinchiusi nei centri di detenzione per immigrati. Molti di noi ci sono ancora, altri sono tornati in Africa, altri sono sparpagliati nelle città del Sud. Noi siamo a Roma. Oggi ci ritroviamo senza lavoro, senza un posto dove dormire, senza i nostri bagagli e con i salari ancora non pagati nelle mani dei nostri sfruttatori. Noi diciamo di essere degli attori della vita economica di questo paese, le cui autorità non vogliono né vederci né ascoltarci. I mandarini, le olive, le arance non cadono dal cielo. Sono delle mani che li raccolgono.
Eravamo riusciti a trovare un lavoro che abbiamo perduto semplicemente perché abbiamo domandato di essere trattati come esseri umani. Non siamo venuti in Italia per fare i turisti. Il nostro lavoro e il nostro sudore serve all´Italia come serve alle nostre famiglie che hanno riposto in noi molte speranze. Domandiamo alle autorità di questo paese di incontrarci e di ascoltare le nostre richieste:
 
 domandiamo che il permesso di soggiorno concesso per motive umanitari agli 11 africani feriti a Rosarno, sia accordato anche a tutti noi, vittime dello sfruttamento e della nostra condizione irregolare che ci ha lasciato senza lavoro, abbandonati e dimenticati per strada. Vogliamo che il governo di questo paese si assuma le sue responsabilità e ci garantisca la possibilità di lavorare con dignità.
L´Assemblea dei Lavoratori Africani di Rosarno a Roma”
 
Dapprima in Francia, poi in Italia, in Spagna, in Grecia e in altri paesi europei, la giornata del primo marzo è stata proclamata “una giornata senza di noi” con l’intento da parte dei/delle migranti che vivono in questi paesi di far percepire, per un giorno, l’importanza della loro presenza economica e sociale sia attraverso lo sciopero sia attraverso altre forme di protesta come l’astensione dai consumi. Ispirata alla giornata del primo maggio del 2006, quando in varie città degli Stati Uniti i/le migranti privi/e di documenti di soggiorno erano riusciti/e a bloccare la vita economica e sociale di quelle città attraverso una massiccia astensione dal lavoro e fluviali manifestazioni in cui ricordavano a tutti che “We are America”, questa giornataci sembra di particolare importanza anche per iniziare una necessaria riflessione sulle forme della nostra esistenza comune di cittadini/e e non cittadini/e, migranti e non.
Per questo, abbiamo deciso di assumere come parte del nostro testo quello sottoscritto da alcuni lavoratori africani di Rosarno. Riteniamo, infatti, che quanto accaduto a Rosarno nei primi giorni di gennaio – le intimidazioni e le violenze sui migranti, la rivolta dei lavoratori africani, la “caccia al nero” dei giorni successivi, il coinvolgimento di alcune parti della mafia nella “gestione dell’ordine pubblico”, il trasferimento d’urgenza di tutti i lavoratori africani, la loro detenzione nei centri di identificazione ed espulsione e la minaccia di espulsione per quelli privi di permesso di soggiorno – sia il precipitato, soltanto più visibile, delle scelte politiche con cui negli ultimi anni i governi che si sono succeduti hanno affrontato e voluto gestire il fenomeno globale delle migrazioni. Il risultato, innanzitutto, di una volontà di generale clandestinizzazione della presenza dei/lle migranti e dei lavoratori e delle lavoratrici migranti che ha permesso, non solo a Rosarno, ma nel Sud come nel Nord del paese, tra i campi di agrumi e le serre così come nelle fabbriche e le piccole imprese, o nelle famiglie, forme di assoluto sfruttamento della forza lavoro possibili grazie a un’illegalità diffusa del mercato del lavoro generata proprio dalle leggi che normano l’immigrazione. Ricordiamo di seguito alcuni dei provvedimenti e dei fatti che stanno alla base di quanto accaduto a Rosarno così come di quanto accade quotidianamente nel resto d’Italia:l’istituzione dei centri di detenzione nel lontano 1998, con cui si apriva il capitolo del doppio binario giuridico, uno per i cittadini, un altro per i non cittadini, passibili di pene detentive in assenza di reato; il nesso inscindibile tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno, con la legge del 2001, che spianava la strada a ogni forma di ricattabilità da parte dei datori di lavoro sulla forza lavoro migrante, compresa la ricattabilità sessuale delle lavoratrici migranti impiegate nel lavoro domestico; gli innumerevoli provvedimenti delle recenti norme previste dai pacchetti sicurezza ispirati tutti a un orizzonte di discriminazione e razzismo (l’aggravante di clandestinità, il reato di clandestinità, il prolungamento a sei mesi della detenzione amministrativa, l’interdipendenza tra permesso di soggiorno e atti dello stato civile, tra cui il riconoscimento dei figli e il matrimonio, l’istituzione di corpi speciali privati per il mantenimento dell’ordine pubblico); i respingimenti verso la Libia iniziati nel maggio del 2009 volti a risolvere il problema degli arrivi sulle coste italiane con la deportazione verso i campi di concentramento della Libia finanziati dallo stato italiano di donne, uomini e bambini, spesso potenziali rifugiati provenienti dai luoghi di guerra delle ex-colonie italiane. La criminalizzazione dei migranti privi di permesso di soggiorno produce effetti a cascata su tutti/e i/le migranti che vivono in Italia, rendendo precaria la condizione degli/delle stessi/e migranti “regolari”, esponendoli/e a continue discriminazioni e alla possibilità sempre presente di ricadere nell’“irregolarità”.“Come può manifestare qualcuno che non esiste?” si chiedono i lavoratori africani nella lettera che vi abbiamo letto, descrivendo prima di questa domanda l’esistenza quotidiana “di chi non esiste”, dalla giornata lavorativa alle notti prive di acqua e elettricità e costellate di episodi di violenza e intimidazioni. “Come può esistere chi non esiste” è, infatti, secondo noi, la domanda di fondo diventata sempre più impellente in Italia e generata da una forma pervasiva di razzismo istituzionale che permette e legittima forme di razzismo, intolleranza, xenofobia sociali che stanno ormai erodendo la vivibilità comune delle nostre città. O, meglio, come possono esistere tutti e tutte coloro che, pur essendo “attori della vita economica di questo paese”, con differenti dispositivi sono continuamente sospinti verso una presenza marginale e una vita non vivibile costellata di mille ostacoli (dai tempi biblici del rinnovo del permesso di soggiorno all’assenza di ogni possibilità di regolarizzazione, dagli innumerevoli modi in cui si elude il riconoscimento dello stato di rifugiato alle norme che entrano in modo discriminatorio nelle scelte di vita affettiva concedendo ai migranti “affetti di serie b”, sino ai mesi di detenzione previsti per chi non ha o ha perso il permesso di soggiorno e all’ultima proposta del “permesso di soggiorno a punti”)?
Aderiamo a questa giornata perché riteniamo che questa domanda coinvolga la vita di tutti e di tutte, migranti e non, studenti, studentesse, lavoratori e lavoratrici, disoccupati e disoccupate, in Italia così come nel resto d’Europa e in altri paesi del mondo. In quanto docenti, sappiamo che nelle università, anziché come studenti e studentesse nelle nostre aule è più facile incontrare i/le migranti come lavoratori e lavoratrici delle cooperative di servizi, assunti/e con bassi salari e senza garanzie.
La scandalosa difficoltà nell’accesso a un permesso di soggiorno per studi universitari, attraverso una politica delle “quote” anche nel campo del sapere che rende quest’ultimo esclusivo privilegio dei cittadini, è parte integrante della chiusura nei confronti dei/delle migranti che caratterizza il nostro paese. Per questo ci impegniamo a lottare anche per garantire la piena accessibilità dell’Università ai/alle migranti. Siamo più in generale convinti che soltanto cancellando il razzismo istituzionale e sociale come pratica quotidiana di sfruttamento sarà possibile costruire spazi di convivenza futuri.
 
Docenti precari/e e docenti non precari/e delle Università italiane
 
firmatari:
 
Fabio Amaya (Università di Bergamo)
 
Anna Curcio (Università di Messina)
 
Umberto Galimberti (Università di Venezia)
 
Maria Grazia Meriggi (Università di Bergamo)
 
Sandro Mezzadra (Università di Bologna)
 
Renata Pepicelli (Università di Bologna)
 
Luca Queirolo Palmas (Università di Genova)
 
Antonello Petrillo (Università Suor Orsola Benincasa, Napoli)
 
Federico Rahola (Università di Genova)
 
Fabio Raimondi (Università di Salerno)
 
Maurizio Ricciardi (Università di Bologna)
 
Anna Maria Rivera (Università di Bari)
 
Gigi Roggero (Università di Bologna)
 
Pier Aldo Rovatti (Università di Trieste)
 
Devi Sacchetto (Università di Padova)
 
Anna Simone (Università Suor Orsola Benincasa, Napoli)
 
Federica Sossi (Università di Bergamo)
 
Alessandro Triulzi (Università di Napoli L’Orientale)
 
Tiziana Terranova (Università di Napoli L’Orientale)
 
Fulvio Vassallo Paleologo (Università di Palermo)
 
Emilio Santoro (Università di Firenze)
 
 

per informazioni: semir@libero.it

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Ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi, ci son quelli che lottano più giorni e sono più bravi, poi ci sono quelli che lottano molti anni e sono ancora più bravi, infine ci sono quelli che lottano tutta una vita...essi sono gli indispensabili!

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Ci impegniamo, noi e non gli altri,

unicamente noi e non gli altri, né chi sta in alto, né che sta in basso,

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senza pretendere che gli altri si impegnino per noi, senza giudicare chi non si impegna,

senza accusare chi non si impegna, senza condannare chi non si impegna,

senza cercare perché non si impegna. Se qualche cosa sentiamo di "potere"

e lo vogliamo fermamente è su di noi, soltanto su di noi. Il mondo si muove se noi ci muoviamo,

si muta se noi ci facciamo nuovi, ma imbarbarisce

se scateniamo la belva che c'è in ognuno di noi. Ci impegniamo:

per trovare un senso alla vita, a questa vita

una ragione che non sia una delle tante ragioni

che bene conosciamo e che non ci prendono il cuore.

Ci impegniamo non per riordinare il mondo, non per rifarlo, ma per amarlo.

(Bertolt Brecht)

Come non ho timore di confessare l'utopia del socialismo, così non ho timore di confessare l'altra utopia, la più grande e la più pericolosa, che tutti gli uomini, come è scritto nella nostra Costituzione, avranno un giorno su questa terra pari e piena dignità sociale.

(Lelio Basso)

Davvero, vivo in tempi bui!

La parola innocente è stolta. Una fronte distesa

vuol dire insensibilità. Chi ride,

la notizia atroce

non l'ha saputa ancora.

Quali tempi sono questi, quando

discorrere d'alberi è quasi un delitto,

perchè su troppe stragi comporta silenzio!

E l'uomo che ora traversa tranquillo la via

mai più potranno raggiungerlo dunque gli amici

che sono nell'affanno?

È vero: ancora mi guadagno da vivere.

Ma, credetemi, è appena un caso. Nulla

di quel che fo m'autorizza a sfamarmi.

Per caso mi risparmiano. (Basta che il vento giri,

e sono perduto).

"Mangia e bevi!", mi dicono: "E sii contento di averne".

Ma come posso io mangiare e bere, quando

quel che mangio, a chi ha fame lo strappo, e

manca a chi ha sete il mio bicchiere d'acqua?

Eppure mangio e bevo.

Vorrei anche essere un saggio.

Nei libri antichi è scritta la saggezza:

lasciar le contese del mondo e il tempo breve

senza tema trascorrere.

Spogliarsi di violenza,

render bene per male,

non soddisfare i desideri, anzi

dimenticarli, dicono, è saggezza.

Tutto questo io non posso:

davvero, vivo in tempi bui!

Nelle città venni al tempo del disordine,

quando la fame regnava.

Tra gli uomini venni al tempo delle rivolte,

e mi ribellai insieme a loro.

Così il tempo passò

che sulla terra m'era stato dato.

Il mio pane, lo mangiai tra le battaglie.

Per dormire mi stesi in mezzo agli assassini.

Feci all'amore senza badarci

e la natura la guardai con impazienza.

Così il tempo passò

che sulla terra m'era stato dato.

Al mio tempo le strade si perdevano nella palude.

La parola mi tradiva al carnefice.

Poco era in mio potere. Ma i potenti

posavano più sicuri senza di me; o lo speravo.

Così il tempo passò

che sulla terra m'era stato dato.

Le forze erano misere. La meta

era molto remota.

La si poteva scorgere chiaramente, seppure anche per me

quasi inattingibile.

Così il tempo passò

che sulla terra m'era stato dato.

Voi che sarete emersi dai gorghi

dove fummo travolti

pensate

quando parlate delle nostre debolezze

anche ai tempi bui

cui voi siete scampati.

Andammo noi, più spesso cambiando paese che scarpe,

attraverso le guerre di classe, disperati

quando solo ingiustizia c'era, e nessuna rivolta.

Eppure lo sappiamo:

anche l'odio contro la bassezza

stravolge il viso.

Anche l'ira per l'ingiustizia

fa roca la voce. Oh, noi

che abbiamo voluto apprestare il terreno alla gentilezza,

noi non si potè essere gentili.

Ma voi, quando sarà venuta l'ora

che all'uomo un aiuto sia l'uomo,

pensate a noi

con indulgenza.

(Bertolt Brecht, “A coloro che verranno”, 1939)

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uno si impegna a fondo,

anche la Provvidenza

allora si muove.

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per aiutarlo,

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non sarebbero

mai avvenute...

Qualunque cosa tu possa fare,

o sognare di poter fare

cominciala.

L'audacia ha in sé genio,

potere e magia.

Cominciala adesso.

(J. W. Goethe)

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a misura dei nostri sogni

( Paul Eluard)

No, giovani, armate invece il vostro animo di una fede vigorosa: sceglietela voi liberamente purchè la vostra scelta presupponga il principio di libertà. Se non lo presuppone voi dovete respingerla, altrimenti vi mettereste su una strada senza ritorno, una strada al cui termine starebbe la vostra morale servitù: sareste dei servitori in ginocchio, mentre io vi esorto ad essere sempre degli uomini in piedi, padroni dei vostri sentimenti e dei vostri pensieri. Se non volete che la vostra vista scorra monotona, grigia e vuota, fate che essa sia illuminata dalla luce di una grande e nobile idea. A voi tutti i più fervidi auguri per l'anno che sta sorgendo?

(Sandro Pertini, 31 dicembre 1978)

"La teoria pura va lasciata a coloro che hanno il buon tempo di riflettere soltanto, ma non hanno il tempo da dedicare alle vittime di questa terra"

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La libertà ... è la possibilità di dubitare, la possibilità di sbagliare, la possibilità di cercare, di esperimentare, di dire di no a una qualsiasi autorità, letteraria artistica filosofica religiosa sociale, e anche politica

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Mai nessuna notte è tanto lunga da non permettere al sole di sorgere

(Paulo Coelho)

Non c'è attività umana da cui si possa escludere ogni intervento intellettuale, non si può separare l'homo faber dall'homo sapiens. Ogni uomo infine, all'infuori della sua professione esplica una qualche attività intellettuale, è cioè un "filosofo", un artista, un uomo di gusto, partecipa di una concezione del mondo, ha una consapevole linea di condotta morale, quindi contribuisce a sostenere o a modificare una concezione del mondo, cioè a suscitare nuovi modi di pensare.

(Antonio Gramsci)

Un'antica leggenda cinese parla del filo rosso del destino, dice che gli dei hanno attaccato un filo rosso alla caviglia di ciascuno di noi, collegando tutte le persone le cui vite sono destinate a toccarsi. Il filo può allungarsi, o aggrovigliarsi, ma non si rompe mai.

Jake Bohm (David Mazouz), in Touch, 2012

Amo le cose belle, le belle storie che dicono qualcosa,mi piace tutto ciò che fa palpitare il cuore. E’ bello aver la pelle d’oca, significa che stai vivendo.

(Josè Saramago)

C’era una generosità civile nella scuola pubblica, gratuita che permetteva a uno come me di imparare. Ci ero cresciuto dentro e non mi accorgevo dello sforzo di una società per mettere in pratica il compito. L’istruzione dava importanza a noi poveri. I ricchi si sarebbero istruiti comunque. La scuola dava peso a chi non ne aveva, faceva uguaglianza. Non aboliva la miseria, però tra le sue mura permetteva il pari. Il dispari cominciava fuori.

(Erri De Luca, Il giorno prima della felicità)

Una delle migliori sensazioni al mondo è quando abbracci qualcuno che ami e lui ricambia stringendoti più forte

(Charles Bukowski)

I veri amici sono quelli che si scambiano reciprocamente fiducia, sogni e pensieri, virtù, gioie e dolori;

sempre liberi di separarsi senza separarsi mai

(Alfred Bougeard)

Incontrarsi fu trovarsi. Nel momento misterioso in cui le loro mani si toccarono, esse si saldarono.

Quando quelle due anime si scorsero, si riconobbero come necessità reciproca e si abbracciarono indissolubilmente

(I miserabili - Victor Hugo)