Nati e Cresciuti in ITALIA, ma Stranieri per Legge
di Paola Resta
Articolo 3 della Costituzione:Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Al 1° gennaio 2010 i cittadini stranieri residenti e nati in Italia erano oltre mezzo milione. I cosiddetti immigrati di seconda generazione rappresentano il 13,5% del totale dei residenti di origine straniera in Italia. Molti di questi non hanno mai conosciuto il paese di origine dei genitori. Nascono in Italia o raggiungono il paese in giovane età. Crescono in Italia, come cittadini/cittadine italiani a tutti gli effetti, ma, allo stato attuale, un bambino nato in Italia, ma da genitori che non sono cittadini italiani, è semplicemente uno straniero.
L’attuale legge 91 del Codice Civile, che regola la modalità di acquisizione della cittadinanza, rappresenta un’Italia che non c’è più, che si è evoluta. La legge deve affrontare le nuove esigenze dell’odierna società.
La legge si basa, oggi, sul principio dello “Ius Sanguinis” secondo cui, in estrema sintesi, la persona di origine straniera può accedere alla cittadinanza attraverso tre modi:
- per nascita
- per naturalizzazione
- per matrimonio
1) Nascita: Sei cittadino italiano se i tuoi genitori hanno la cittadinanza italiana. Dunque, se nasci in Italia ma i tuoi genitori non sono cittadini italiani, tu non sei italiano. Puoi acquisire la cittadinanza, facendone richiesta, una volta compiuti i 18 anni e dopo aver dimostrato di aver vissuto regolarmente e ininterrottamente fino al raggiungimento della maggiore età. Hai tempo un anno per presentare la richiesta. Scaduto l’anno puoi procedere con la richiesta di naturalizzazione con requisito almeno 3 anni di residenza legale e ininterrotta.
2) Naturalizzazione: La cittadinanza può essere concessa dopo 10 anni di residenza ininterrotta in Italia.
3) Matrimonio: Dopo aver sposato un italiano e aver risieduto in Italia almeno 2 anni, sei cittadino italiano. Ottenere la cittadinanza italiana è un percorso ad ostacoli, con tempistiche lunghe e legata a pratiche burocratiche che non incentivano alla regolarizzazione. Dunque in attesa della cittadinanza, queste ragazze e ragazzi sono costretti a soggiornare in Italia grazie al permesso di soggiorno temporaneo.
Qui di seguito alcuni esempi concreti di cosa comporta non possedere la cittadinanza italiana per un minore o un giovane nato in Italia.Il permesso di soggiorno deve essere costantemente rinnovato dai famigliari fino alla maggiore età, altrimenti si è clandestini. E se si è clandestini si deve lasciare l’Italia per essere rimpatriati. Rimpatriati in paesi che questi ragazzi non hanno mai visto, di cui, magari non conoscono nemmeno la lingua. Il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno non è cosa semplice e veloce. Le lunghezze burocratiche del nostro paese non vanno nemmeno menzionate. Ma questa lentezza nel rinnovo dei permessi di soggiorno va a limitare le libertà di questi ragazzi quando essa causa problemi nell’inserimento scolastico o quando non consente di viaggiare all’estero. Con un permesso di soggiorno per studio, inoltre, non puoi soggiornare fuori dall’Italia più di 90 giorni l’anno. Senza cittadinanza non puoi concorrere a bandi nazionali, non puoi entrare nell’esercito italiano, nei test d’ingresso di alcune università vi sono posti limitati per gli stranieri, ecc.
Un esempio imbarazzante è la storia di Neva, che a scrive nel sito di “Seconda Generazione”: Sono arrivata a Roma nel 1989 il giorno del mio tredicesimo compleanno, circa venti anni fa. A Roma ho fatto la terza media, il Liceo Classico “Giulio Cesare”, l’Università “La Sapienza” (chimica), poi una borsa di collaborazione all’Università di Firenze e il Dottorato di Ricerca in Scienze del Farmaco a Chieti. In Italia, fra amici italiani, ho fatto quel percorso formativo e di crescita che ha costituito la mia persona. Mi sono resa conto della mia differenza solo una volta finita l’Università, perchè qualsiasi cosa volessi fare, ero esclusa in base alla mia nazionalità, croata. Comunque, armata di autodeterminazione e di fiducia nel mondo tipica di quel età, ho partecipato ai concorsi di Dottorato di Ricerca in giro per l’Italia. A Firenze avevo colpito per la mia preparazione, ma i posti erano già assegnati e così mi avevano offerto una borsa di collaborazione. Dopo un anno ho vinto il concorso di Dottorato di Ricerca pagato all’Università di Chieti. […] Durante il Dottorato comincio ad avere problemi più seri. Con l’attesa di anno in anno per il rinnovo del permesso ho difficoltà a iscrivermi e partecipare ai congressi scientifici internazionali. […] Tutto questo perchè i tempi di rinnovo vanno ben oltre i 20 giorni stabiliti dalla legge. Al secondo anno ho vinto una borsa di studio europea per andare a fare una parte della mia tesi al centro supercomputazionale a Barcellona. Il limite è quello del mio permesso di soggiorno (per motivi di studio), con il quale posso trascorrere solo 90 giorni all’anno all’estero, nonostante il Dottorato preveda la possibilità di trascorrere all’estero 18 mesi in 3 anni. […] Il colmo arriva con la fine del Dottorato. Il permesso finisce lo stesso giorno in cui finisce l’erogazione della borsa del Dottorato, il 31 di ottobre, ma l’esame finale sarà fra novembre e febbraio e sarà notificato con 15 giorni di preavviso. Nel frattempo è richiesta la mia presenza all’Università. L’Università mi vuole fare una borsa di collaborazione, ma non può, per motivi burocratici, farla dal primo novembre e di una durata lunga. In Questura sono chiari, non c’è nulla da fare, o il contratto comincia da novembre, o mi verrà negato il rinnovo del permesso che va fatto prima della scadenza. Se poi questo contratto è di tre mesi, è un altro problema, perchè la risposta del permesso arriverà quando questo contratto sarà già finito e quindi è altamente probabile il diniego. Penso che quello sia stato il periodo più brutto della mia vita. […] L’unica soluzione era trovare un contratto da donna delle pulizie. E così, grazie al mio contratto da colf di 20 ore settimanali, potevo continuare a fare gli esami agli studenti italiani al corso di Chimica Generale e Inorganica, mi era permesso di sostenere l’esame finale di Dottorato di Ricerca e non buttare al vento tre anni di duro lavoro.
Altro esempio è quello di Ouidad Bakkali. L’assessore ravennate, in un’intervista a “Stranieri in Italia”, racconta che è nata in Marocco e con sua madre ha raggiunto il padre, operaio Enichem, a Casal Borsetti quando aveva un anno. Ha presentato domanda per acquisire la cittadinanza una volta raggiunta la maggiore età, soprattutto stanca della serie infinita di problemi legati ai viaggi all’estero e perchè era assurdo per lei fare politica attiva e non poter accedere al diritto di voto. Ma diventare cittadina italiana non è stata un passeggiata, oltre ai due anni previsti dalle legge per l’esame della domanda, ne ha dovuti attendere altrettanti per intoppi burocratici. La stessa Bakkali si schiera contro l’attuale Legge 91, promuovendo il diritto alla cittadinanza per chi nasce in Italia, portando come esempio la sorella nata e cresciuta in Italia e considerata straniera fino ai 18 anni.
Molto più complesso poi è il problema legato all’identità e al senso di appartenenza. E’ iniziata recentemente la raccolta firme per la Campagna “L’Italia sono anch’io”. Tale campagna, promossa da 19 associazioni della società civile (tra cui Acli, Arci, Cgil, Caritas,ecc), è volta a sensibilizzare sulla necessità di modificare l’attuale normativa sul diritto di cittadinanza e promuovere l’introduzione del diritto di voto per le persone di origine straniera. Sono già state depositate due leggi di iniziativa popolare in Cassazione, ora è necessario raggiungere le 50.000 firme per portare tali leggi in Parlamento.
Le proposte di legge che vengono promosse dalla campagna “L’Italia sono anch’io” si concentrano su due principi portanti:
– favorire il principio di “Ius Soli”, quindi promuovere il diritto di essere cittadini del paese in cui si nasce e non solo per discendenza sanguigna
La modifiche caldeggiate sono:
- chi nasce da almeno un genitore presente in Italia da almeno un anno è italiana
- “Ius soli” per minori non nativi e che vanno a scuola
- Adulti: per la cittadinanza 5 anni (non più 10) di residenza e su proposta del Sindaco
- riconoscere il diritto di voto amministrativo a chi in possesso di permesso di soggiorno da 5 anni
Vi invitiamo a leggere le proposte di legge nello specifico, direttamente dal sito www.litaliasonoanchio.it