Anche a Forlì si muore in strada. Casadei: “Utile una riflessione comune tra politica e associazionismo”
Lo scorso 8 dicembre a Forlì un anziano di 67 anni, Franco Lotti, è morto in strada. Viveva con i due figli in piazza Saffi, e di notte dormiva nel parcheggio Guido da Montefeltro. Colpito da una broncopolmonite aggravata, è stato ricoverato a Villa Serena ma non è riuscito a ristabilirsi. Si tratta di un dramma enorme, che ogni inverno si verifica ancora troppo spesso in tante città italiane: nessuno può sopportare a lungo di vivere in strada, senza protezione dal caldo o dal freddo, senza la possibilità di avere un luogo dove riposare, tantomeno una persona anziana.
Secondo i dati dell’assessorato alle politiche sociali del comune in strada attualmente a Forlì vivono in strada meno di dieci persone. Per fornire un aiuto i consiglieri comunali di Forlì si sono già attivati, e devolvendo il gettone dell’ultima seduta di consiglio hanno raccolto 2500 euro: una cifra che grazie ad un pari stanziamento dell’assessorato al Welfare consentirà di allestire una tensostruttura che possa proteggere dal freddo chi è costretto a passare la notte in strada.
Passata l’emergenza, sarà utile e necessaria una riflessione comune. Grazie all’attività di tanti ricercatori e di tante associazioni di volontariato, sempre più oggi si comprende che chi vive in strada non lo fa per libera scelta, ma per via di tante cause concomitanti. Dalla ricerca “Povertà e cittadinanza” presentata lunedì 19 dicembre dall’Associazione “Avvocato di strada” e che riguarda l’attività portata avanti dai legali volontari nel territorio regionale, ad esempio, emerge un elemento decisivo: se non si può contare su una rete familiare o amicale, può bastare una malattia, un lutto in famiglia, la perdita del lavoro o la rottura di un matrimonio o di un legame affettivo e si possono aprire per tutti le porte della strada.
Dalla stessa ricerca si evidenzia con forza un altro tema: gli interventi in favore delle persone senza dimora non possono essere standardizzati come accade tipicamente nel sistema welfare, nel contesto del quale quando una persona rientra in una categoria di bisogno, riceve un tipo di sostegno predefinito. Questo tipo di approccio non può essere esaustivo per tutte le persone in difficoltà, i cui percorsi di vita oggi possono essere profondamente diversi tra loro. Da quanto si è potuto apprendere, sembra che Franco Lotti vivesse in strada con i due figli a causa di un forte disagio economico, e che avesse rifiutato più volte di andare in una struttura di accoglienza offerta dal Comune proprio per rimanere vicino ai propri figli.
In un contesto così poco uniforme come quello di oggi, per arginare le emergenze sociali occorre poter modulare gli interventi a seconda delle necessità, come fanno spesso e bene le associazioni di volontariato. In un momento come quello che stiamo attraversando, caratterizzato da una delle crisi economiche più gravi della nostra storia, credo sia opportuno approfondire una riflessione comune tra politica e associazionismo, che possa valorizzare le dinamiche di collaborazione tra pubblico e privato e, rinforzare le tante reti già esistenti. Nessuna persona può morire in strada per situazioni di disagio sociale.
Thomas Casadei
Consigliere regionale PD
Assemblea Legislativa Regione Emilia-Romagna