Dieci mosse per eliminare gli sprechi
di Ignazio Marino – Pubblicato su “L’Espresso” – 27/09/2011
Per mantenere la qualità del nostro servizio pubblico è necessario intervenire con urgenza sui punti deboli perché senza interventi il sistema non si regge e in pochi decenni si arriverà a una sanità all’americana, basata sul censo: chi è più abbiente avrà assistenza tempestiva e cure all’avanguardia, tutti gli altri potranno solo sperare di non ammalarsi mai. Queste le priorità:
1. Chiudere tutti gli ospedali con meno di cento posti letto, iniziando da quelli sprovvisti di un servizio attivo H24 di anestesia e rianimazione. I piccoli ospedali non sono preparati per fare fronte alle emergenze, non sono sicuri per i pazienti, eppure sono costosissimi. Andrebbero sostituiti con una rete di soccorso stradale e di elisoccorso che risponda con interventi efficaci e rapidi. Inoltre, serve concentrare le competenze ultraspecialistiche nei grandi ospedali e realizzare tra questi una collaborazione per affrontare tutte le urgenze delle vaste aree metropolitane. Ad esempio a Parigi un solo ospedale alla volta è di turno per le urgenze neurochirurgiche.
2. Incentivare la medicina di gruppo per i medici di medicina generale, con ambulatori tecnologicamente attrezzati, aperti dodici ore al giorno, sei giorni a settimana. I medici non sarebbero più solo dei prescrittori di ricette ma tornerebbero a svolgere un ruolo centrale. Diminuirebbe il ricorso ai Pronto Soccorso e i costi generali degli interventi medici. I pazienti sarebbero più felici di essere assistiti per una colica renale in tempi rapidi e da un volto amico, piuttosto che essere abbandonati per ore su una sedia di una sala d’attesa di un Ps.
3. Eliminare reparti ospedalieri inutili e doppioni spesso creati per affidare un incarico a un nuovo primario più che per reali esigenze organizzative. Vanno chiusi e accorpati quei reparti, costosi e inutili, in cui l’attività è minima, come per esempio i centri trapianto che non eseguono almeno 50 trapianti l’anno o le strutture di emodinamica non attive H24. L’infarto non colpisce solo dalle nove alle diciassette dal lunedì al venerdì, mentre queste strutture costano somme enormi anche di notte e nei weekend, quando sono chiuse.
4. Sanzionare economicamente gli ospedali che ricoverano con anticipo i pazienti per gli interventi programmati. I pazienti, infatti, rimangono spesso in ospedale per giorni senza motivo, in attesa di essere operati. Ogni giorno di ricovero non necessario costa circa mille euro e in Italia il tempo passato inutilmente in ospedale prima di un intervento chirurgico programmato va da un minimo di 0,7 giorni (Marche e Friuli-Venezia Giulia) a un massimo di oltre due giorni (Lazio e Molise).
5. Applicare la legge sull’attività libero-professionale per ridurre le liste d’attesa e obbligare i medici a eseguire nel privato un numero di visite non superiore a quelle che svolgono nel pubblico. Al tempo stesso serve proibire la fatturazione separata, come avviene molto spesso oggi, e affidarla invece alla Asl. Tutti i medici, tecnici e infermieri dovrebbero avere la possibilità di svolgere la libera-professione, ma all’interno dell’ospedale e al di fuori dell’orario di servizio.
6. Intervenire su servizi che non trovano giustificazione terapeutica reale, per esempio, rimborsando i parti cesarei con la stessa cifra dei vaginali. Con questa misura diminuirebbe la percentuale di cesarei che oggi, in alcune regioni, arrivano anche a superare il 50 per cento del totale dei parti. Al risparmio si aggiungerebbe una maggiore qualità nell’assistenza al parto.
7. Serve istituire agenzie regionali per gli acquisti del materiale di consumo da utilizzare negli ospedali e nelle strutture accreditate con il Ssn. Le agenzie dovrebbero avvalersi del supporto delle società scientifiche per la scelta del materiale migliore, scongiurando anche il rischio di conflitti d’interesse tra i produttori e i medici. Anche sul versante delle assicurazioni è necessario intervenire: un ospedale di 600 posti letto arriva a spendere tre milioni l’anno di polizza assicurativa, gare regionali accentrate per l’assicurazione comporterebbe enormi risparmi.
8. Sostenere l’adeguamento tecnologico della sanità con la telemedicina e il teleconsulto per i medici di famiglia in modo da rinforzare l’assistenza sul territorio, aumentare la sicurezza dei pazienti e ridurre spostamenti e costi. La tecnologia dovrebbe essere utilizzata anche per il risparmio energetico, rendendo obbligatorie per i grandi complessi ospedalieri l’utilizzo di centrali di co-generazione (energia elettrica e termica) e l’incentivazione dell’uso del fotovoltaico, dell’eolico e delle biomasse.
9. Contenere la crescita dei costi dei farmaci innovativi, con più rigore nell’autorizzazione all’entrata in commercio e monitorando l’efficacia delle nuove molecole. Si calcola che il 70 per cento dei farmaci cosiddetti innovativi non siano in realtà tali. Per esempio, per curare un’infezione comune come quella per lo stafilococco aureo, esistono terapie tradizionali basate su farmaci generici che costano meno di dieci euro per l’intero trattamento e altre che costano più di mille euro. Non può essere la novità a guidare la scelta dei medici ma l’efficacia del farmaco, l’indicazione clinica e il suo costo.
10. Rilanciare la medicina preventiva con lo scopo di evitare le malattie a elevato costo economico e sociale (cardiovascolari, tumorali, odontoiatriche). Serve l’insegnamento, anche nelle scuole, degli stili di vita sani che contribuiscono a evitare di incorrere in malattie gravi e spesso croniche.