No alla deregulation degli orari del commercio
L’allarme dei sindacati regionali del commercio, che hanno chiesto un incontro urgente alla Regione per affrontare il tema della liberalizzazione degli orari, è del tutto giustificato. Infatti, senza modifiche alla circolare del Ministero dello Sviluppo Economico del 28 ottobre 2011, si assisterà ad una deregulation selvaggia. in materia di liberalizzazione degli orari dei negozi.
Si tratta di un ultimo “colpo di coda” del Governo Berlusconi, il peggiore della storia repubblica, che interpretando in modo strumentale i provvedimenti in tema di libera concorrenza contenuti nei decreti estivi del Governo, di fatto espropria le Regioni, titolari delle competenze di materia di commercio, della possibilità di regolamentarne gli orari di apertura. Infatti una cosa è eliminare i vincoli alla concorrenza come l’Europa più volte ci ha chiesto di fare, altra cosa è creare condizioni tali per cui non solo i lavoratori del settore del commercio, ma anche le piccole imprese a conduzione individuale o familiari, presenti soprattutto nei centri storici e nelle aree urbane, si trovino di fronte a condizioni di lavoro insostenibili e causa di orari di apertura che coprono 365 giorni all’anno. Ciò produrrebbe peraltro una riduzione dell’occupazione in tutto il settore del commercio, ad esclusione forse dei grandi centri commerciali, cosa che comunque con la forte riduzione dei consumi,dovuta alla crisi, non è da escludere.
La possibilità per le Regioni di intervenire su questa materia in modo concertato con comuni e parti sociali, ha prodotto soluzioni equilibrate, come quella definita nella scorsa primavera per Forlì ed altri comuni del territorio regionale, in cui si teneva conto sia delle esigenze delle imprese di tutta la rete distributiva, sia dei lavoratori con riferimento ai riposi e alle maggiorazioni salariali.
Il rischio concreto oggi è che sia le parti sociali sia gli enti locali perdano ogni ruolo: i comuni ad esempio non potranno più svolgere un ruolo di indirizzo rispetto alle politiche di orario delle città, con la conseguenza di una esasperazione della concorrenza tra i vari settori della rete distributiva: questo senza che vi sia un miglioramento dell’offerta per i cittadini, ma con il rischio concreto che anziani, studenti universitari, migranti e, in generale, tutti i cittadini che preferiscono un rapporto diretto e vedano sparire i negozi di quartiere e vicinato, in cui poter fare acquisti senza dover usare necessariamente l’auto per raggiungere i grandi centri di distribuzione di solito ubicati all’esterno della città. Nella consapevolezza che siamo prima cittadini che consumatori, auspico un ripensamento che consenta soluzioni equilibrate, a vantaggio della maggioranza della popolazione e rispettose della identità dei territori. E’ tempo che il consumo cessi di orientare le esistenze delle persone e che la regolazione pubblica torni a svolgere una funzione essenziale.
Thomas Casadei,
Consigliere regionale PD
Commissione Lavoro, Scuola, Cultura, Turismo