Provincia unica romagnola: lo sguardo al presente e al futuro.
Numerosi eventi recenti hanno un segno inequivocabile: si tratta di questioni che hanno richiesto o richiedono, per essere affrontati con successo e lungimiranza, un approccio istituzionale romagnolo, aperto, integrato, legato al territorio ma anche a scenari molto più ampi, europei, globali.
Sul versante commerciale e imprenditoriale, la costituzione di un ente fieristico della Romagna, con Rimini capofila; annessa a questo, la riorganizzazione dei trasporti: a cominciare dall’opportuna costituzione della holding degli aereoporti di Romagna (con Rimini e Forlì, ma sarebbe auspicabile anche un allargamento ad altre realtà entro una scala regionale ed extraregionale); sul versante dei saperi e della ricerca, la nuova concezione del multi campus romagnolo all’interno dell’Alma Mater derivante dagli effetti dei decreti Gelmini (che invoca, al di là del mancato finanziamento del governo centrale, un nuovo protagonismo, anche delle istituzioni comunali e provinciali, nella valorizzazione dell’università e della ricerca applicata, nonché nel costruire nuovi assi tra innovazione e sistema produttivo) o, ancora, un’organizzazione del sistema della formazione professionale e della “rete politecnica” volta alla specializzazione e alle vocazioni territoriali entro un campo vasto di natura sistemica, con un forte coordinamento regionale.
Ancora, sul versante delle questioni aperte, non prive di aspetti problematici: si lavora da tempo per riorganizzare su larga scala il sistema sanitario romagnolo tramite la cosiddetta “area vasta”; anche qui si è constatata, in maniera nitida, la necessità di un coordinamento più forte tra i comuni e le provincie (e forse sarebbe davvero interessante aprire un ragionamento su un’unica Ausl romagnola, all’insegna della qualità dei servizi al cittadino, della massima efficienza e della riduzione dei costi tramite investimenti e organizzazione delle spese tramite azioni di scala: credo si dovrebbe avviare uno studio di fattibilità rigoroso, pensando, prima di tutto, al bene dei cittadini fruitori dei servizi, e poi ad altre esigenze, con uno sguardo per così dire “dal basso”); ma da tempo si lavora anche sul versante del trasporto pubblico locale per un’unica azienda romagnola: al di là delle potenzialità, connesse anche a necessità legate al mantenimento dei servizi nella compatibilità di bilanci sempre più stretti (a causa degli errori di un governo nazionale fallimentare), si constatano difficoltà legate anche all’intreccio di vari livelli istituzionali. Ancora di un approccio di sistema romagnolo necessitano risorse straordinarie, e ad oggi non ancora sfruttate appieno entro una visione europea e nuovi orizzonti legati alla trasformazione repentina della società, come quelle legate al patrimonio culturale e ai suoi beni (da quelle raccolte nei Comuni più grandi a quelle disseminate in quelli più piccoli) ma anche al paesaggio e alla fruizione turistica (da quella della costa a quella naturalistica e connessa ai borghi dell’entroterra e della collina, al parco delle foreste casentinesi, e poi alle città d’arte e al patrimonio storico da scoprire o riscoprire un po’ ovunque). Sempre più occorrono una visione larga e il coraggio di innovare: il laboratorio di Ravenna e della Romagna come capitale europea della cultura nel 2019 costituisce un affascinantissimo banco di prova e di sperimentazione per misurare la nostra capacità di “fare sistema” (ciò che suggerisce l’Europa e che quasi impongono alcuni processi di scala globale).
Si tratta solo di alcuni esempi che mostrano quanto possa essere utile e proficuo un ragionamento su una più forte strutturazione istituzionale, di scala romagnola, che superi le attuali tre provincie di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini, all’interno di una rinnovata concezione della Regione stessa. Peraltro sono in corso, proprio su scala regionale, processi di innovazione importanti come la costituzione della città metropolitana a Bologna e i processi di sempre più stretto raccordo tra Modena e Reggio (con una possibile allargamento anche a Parma e Piacenza). Insomma sono in atto processi di movimento che la politica, non solo quella istituzionale, deve saper cogliere. Non è un caso dunque che importanti organizzazioni di categoria e sindacali abbiano già espresso pieno apprezzamento per l’idea della Provincia unica, oltre a singole personalità della politica e intellettuali, o che entro questa dimensione si muovano significative esperienze – guarda caso legate al campo della cultura e della valorizzazione del territorio – come il progetto URCA (Unione Regionale Cultura e Arte) – Cooperative in rete per la cultura, moderno ed originale modello organizzativo a “rete di imprese” messo a punto da FederCultura Turismo Sport e avviato proprio nell’area della Romagna (Forlì-Cesena, Ravenna, Rimini, ma anche circondario Imolese), ove si registra una concentrazione eccezionale di cooperative culturali, aderenti a Confcooperative, o la rete delle Case museo dei poeti e degli scrittori di Romagna (recentemente approdato anche sul web: con un portale curato dalla Fondazione Casa di Oriani, da cui è possibile avere informazioni sulle attività delle diverse Case museo e sulle iniziative comuni: http://www.casemuseoromagna.it/). Si tratta di esempi che dal presente gettano lo sguardo al futuro, avendo a cuore la massima valorizzazione del nostro territorio superando confini e aprendosi con più decisione al contesto regionale, a quello nazionale ed internazionale.
Il fatto che questo si incroci con gli attuali ragionamenti intorno ad una sempre più stretta interazione dei Comuni, associando molte delle loro funzioni o unendosi in forme inedite – non per tagliare costi (come il governo in maniera bislacca e senza visione d’insieme sostiene) ma per renderli più efficienti in tempi di crisi – ci dice che occorre assolutamente approfondire questi percorsi e in tempi ragionevolmente brevi.
Si discute molte delle provincie in questo periodo, il Pd nazionale molto opportunamente ha proposto un processo di accorpamento e quella della Provincia unica romagnola – lanciata da Roberto Balzani, presente nel suo programma di mandato, scaturito da un ampio confronto, anche in seno al centro-sinistra, e che personalmente sostengo da tempo – appare davvero una possibilità concreta per mettere in atto questa idea: che, oltre a tantissimi cittadini e numerose organizzazioni, figure politiche e istituzionali come i riminesi Roberto Piva (consigliere regionale del PD) ed Emma Pettiti (unica candidata alla segreteria del PD riminese) o, da ultimo, il Presidente della Provincia di Ravenna Claudio Casadio, ma a Ravenna anche una giovane rappresentante del PD come Serena Fagnocchi, la condividano, la reputino una proposta interessante e una “buona base di partenza”, è davvero un buon segno. Non resta che proseguire. Con rigore e coraggio, e soprattutto sguardo al futuro. Chi intende conservare ciò che c’è o chi, per conservare, sostiene che la provincia sia fonte di identità (quando si sa che questi aspetti sono legati, semmai, ai Comuni, o ad altri spazi culturali e territoriali) o chi ancora sminuisce senza entrare nel merito delle questioni, credo debba essere invitato ad un maggiore realismo ma anche, al contempo, ad un rinnovato sforzo progettuale.
Thomas Casadei
Consigliere regionale PD