Ricordando Giacomo Matteotti e tutti i martiri del fascismo
Leggo con un certo stupore le riflessioni, a mio avviso decisamente azzardate, della consigliera comunale del PDL Vanda Burnacci sull’esistenza di un Mussolini “buono”, che non deve essere demonizzato, perché si collocherebbe “in una posizione assai diversa rispetto ai due terribili dittatori che sconvolsero la civiltà europea della prima metà del novecento.”
Evidentemente per la consigliera Burnacci le leggi razziali e lo sterminio di oppositori (a partire dall’episodio dell’assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti che lei stessa peraltro cita) possono avere una sorta di attenuante solo per un “divario temporale” della loro genesi rispetto ai tragici eventi provocati da Hitler e Stalin.
Mi pare si tratti davvero di una ricostruzione un po’ approssimativa dal momento che la costituzione delle squadre fasciste risale al 1922 e l’omicidio Matteotti al 1924, lo stesso anno in cui salì al potere Stalin, mentre Hitler divenne Primo ministro nel 1933 e si proclamò Furher nel 1934.
L’adesione al Partito Socialista e la direzione dell'”Avanti” non sono certo di per sé una garanzia della “bontà” di Mussolini che fin da giovane, come è noto, ebbe atteggiamenti inclini alla violenza e fu sempre affascinato da forme di massimalismo rivoluzionario, come quello propugnato da Sorel.
Non si possono giustificare in nessun modo i tentativi di revisionismo storico e di “ridimensionamento” della portata violenta e duramente antidemocratica del regime fascista: la storia e il passato vanno studiati, analizzati e compresi, esaminando le questioni nelle loro origini e nel contesto sociale, economico e politico dell’epoca in cui si collocano. Certamente il periodo che precede la costituzione delle squadre fasciste e il disegno mussoliniano di presa del potere (con l’accondiscendenza delle gerarchie vaticane e dei ceti possidenti) va indagato come fase che ha evidentemente influenzato tutta la storia del nostro Paese nel Novecento e mi pare che con questo giusto approccio stanno lavorando, da tempo, anche amministrazioni impegnate nel recupero di una consapevolezza storica criticamente maturata sui fatti del “secolo breve” come i Comuni di Forlì e Predappio.
Occorre, tuttavia, partire da un presupposto etico irrinunciabile anche nell’approccio allo studio delle forme architettoniche o delle scelte in tema di urbanistica e governo del territorio che hanno caratterizzato il regime fascista e altri regimi totalitari (oggetti del bel progetto “Atrium” che vede impegnati i comuni di Forlì, Predappio, Castrocaro insieme a tanti altri comuni dell’Europa orientale): alla base della convivenza repubblicana, che si origina dalla resistenza alla dittatura fascista, sta il contrasto a qualsiasi forma di regime che limiti o annulli “i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali” e che non riconosca la “pari dignità sociale e davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, come recitano gli articoli 2 e 3 della nostra Costituzione.
Su questi temi è quanto mai opportuno il rigore e il rispetto degli eventi, e soprattutto il rispetto solenne di chi per mano di Mussolini e del suo regime ha sofferto tremendamente e perso la vita. Non esiste e mai esisterà un “Mussolini buono”. Ciò non toglie che non si debba approfondire, con spirito vigile e critico, il contesto in cui sono maturate le sue idee e la sua visione del mondo, dell’uomo, degli spazi della città, del territorio.
Thomas Casadei – Consigliere Regionale PD
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