Sapro: fine di un’epoca
Siamo dunque giunti al fallimento di Sapro.
Alla magistratura spetta il compito di fare piena luce sulle passate gestioni, di trovare eventuali elementi di prova dei reati ipotizzati e di attribuirne, secondo giustizia, le responsabilità.
Alla politica invece il dovere di una riflessione analitica, seria e rigorosa su quanto è accaduto.
Banalmente, gli avvoltoi del centrodestra locale, si sono buttati a capofitto sulla vicenda cercando di ricavarne un profitto politico immediato.
Bartolini, Gagliardi, Rondoni si illudono di recuperare, almeno in parte, lo sterminato terreno perduto a seguito dell’indecoroso spettacolo offerto da Berlusconi e dai suoi compari.
Facciano pure.
Io vorrei rivolgermi alle persone responsabili e ragionare seriamente sugli errori del passato.
E, a proposito di errori, nessuno di coloro che hanno avuto ruoli di rilievo in relazione a Sapro si può sentire escluso.
Certo, la proprietà di Sapro era pubblica ed evidentemente la politica non ha esercitato correttamente il suo fondamentale ruolo di indirizzo e di controllo. A questo riguardo è assolutamente opportuno da parte dei soci, come ha avuto modo di affermare in più occasioni il Sindaco Roberto Balzani, agire per salvaguardare e tutelare l’interesse pubblico con tutte quelle iniziative e azioni che si ritengono opportune, verificando, la sussistenza delle condizioni per ogni possibile azione di responsabilità; intento, naturalmente, da perseguire nell’attuale fase fallimentare.
Tuttavia la gestione della società è sempre stata affidata ad esponenti di alcune organizzazioni economiche (Confindustria ne ha sempre espresso la presidenza) e, per una certa fase, da componenti di alcune amministrazioni locali.
Altri interrogativi non possono essere elusi. Che dire del ceto bancario locale che ha pervicacemente preferito il fallimento ad una via d’uscita meno traumatica per tutti, comprese le banche, nonostante il Comune di Forlì si fosse attivato per acquisire aree a fini di edilizia sociale?
Come è stato possibile per Sapro sconfinare oltre la propria mission aziendale avventurandosi in attività non previste dal proprio statuto, impegnandosi nel settore residenziale?
Mi chiedo come mai gli interessi passivi maturati a seguito dell’ingente esposizione finanziaria non sono stati iscritti fra i costi ma patrimonializzati andando ad incrementare il valore dei terreni a magazzino. Questa impostazione, che non ha fatto emergere le perdite della società, non mi pare affatto coerente con i principi di prudenza raccomandati dall’ordine dei Dottori Commercialisti.
Ed, ancora: occorre capire se Sapro ha acquisito le aree da urbanizzare a prezzo di terreno agricolo o ad un prezzo molto superiore, ed eventualmente perché.
E’ davvero grave se, prima che arrivasse Sapro, qualcuno opzionava i terreni agricoli per rivenderli a Sapro a prezzi maggiorati. In tale contesto, occorre anche chiedersi come mai sono state acquisite aree situate in comuni che non facevano parte della compagine sociale di Sapro.
E ancora altri interrogativi sorgono spontanei: quelle aree, oggi, a quale valore sono iscritte nel bilancio della società? Chi le comprerebbe a quel prezzo? Chi non ha vigilato? Chi ha mal gestito?
Chi ci ha guadagnato? A scapito di chi?
Una politica all’altezza della situazione deve fare piena luce su questi interrogativi.
E’ stato certamente un errore – specie da parte di chi pretenderebbe di dare lezioni rispetto al nuovo corso apertosi nel territorio forlivese con le elezioni amministrative del 2009 – non aver compreso che era indispensabile avviare un nuovo corso in cui trasparenza, competenze, innovazione programmatica erano indispensabili per avviare una fase diversa e di discontinuità rispetto ad un passato troppo paludoso e non lungimirante.
Di recente poi si è evitato di cadere in errori fatali come quello di pensare – come suggeriva qualcuno – che i soci dovessero sobbarcarsi tutti gli oneri del salvataggio di Sapro: sarebbe stata una follia di cui solo oggi si vedono appieno i contorni.
La politica ha sempre il compito di vigilare e di avere cura delle situazioni che paiono controverse. Se diviene autoreferenziale e troppo sicura di sé rischia di commettere omissioni o errori gravissimi.
Gli attuali amministratori pubblici, soci di Sapro, hanno dimostrato e stanno dimostrando di agire con rigore e massima trasparenza.
Del resto è evidente, come ha opportunamente segnalato il segretario del PD Marco Di Maio, che non c’è alcuna correlazione tra l’attuale realtà amministrativa del territorio e la gestione della società. Gli errori hanno radici nel passato ed è chiaro – come ho avuto modo di affermare in diverse occasioni – che il fallimento di Sapro segna anche il fallimento di una concezione vecchia e superata e il bisogno di promuovere, a tutti i livelli, una nuova classe dirigente.
Agli amministratori del presente spettano massimo senso di responsabilità e soprattutto la messa in atto di nuove modalità di gestione della cosa pubblica. Il lavoro iniziato da poco più di un anno, anche se ostacolato da più parti, certamente darà i suoi buoni frutti per la collettività.
L’importante è proseguire con assoluto rigore e costante riferimento agli interessi dei cittadini tutti.
Thomas Casadei
(Consigliere regionale, Direzione territoriale PD Forlì)