IMPEGNO PUBBLICO E ATTIVITA’ ISTITUZIONALE – Aggiornato a dicembre 2014

Una rivoluzione istituzionale per un nuovo patto democratico e sociale: a partire dal basso.

Si è aperta da qualche giorno, spesso con forme confuse e stravolte nel dibattito pubblico, una discussione sul tema della possibile abolizione delle provincie e, più in generale, di una significativa riduzione dei “costi della politica”, tema sempre più “sentito” dai cittadini.
Presupposto essenziale per una riflessione profonda e rigorosa è porre la questione in modo corretto a partire da un punto, a mio avviso, dirimente: nel nostro paese è il momento, anche in seguito alla lunga crisi strutturale in cui siamo immersi, di pensare ad una riforma strutturale delle istituzioni, che ne ridefinisca l’architettura (dai consigli di quartiere ai raccordi con l’Europa, passando per comuni, provincie, regioni, stato nazionale) all’insegna dell’efficienza e della qualità dei processi democratici. Il tempo manca, occorre riflettere e agire con decisione e determinazione. Alla politica spetta un salto di qualità in termini di tempestività.

La discussione è dunque certamente utile e deve essere avviata con urgenza: rigettarla è segno di un conservatorismo chiuso in se stesso – a volte trasversale – che non intende prendere sul serio i veri nodi che alimentano la scarsa efficacia delle risposte istituzionali ai bisogni dei cittadini e la preoccupante sfiducia verso gli assetti democratici. Urge dunque un salto verso il rilancio della qualità della politica e delle sue capacità. Non anti-politica dunque o leaderismo sfrenato ma riattivazione di processi partecipativi all’insegna della buona deliberazione.
Entro questo contesto, alto valore simbolico, ma anche di ridefinizione di un patto istituzionale e intergenerazionale, ha la riduzione delle indennità di parlamentari e consiglieri regionali e, soprattutto, l’abolizione del privilegio dei vitalizi (qui la Regione Emilia-Romagna ha fornito un esempio concreto che il PD e le forze di centro-sinistra dovrebbero estendere fino al Parlamento, come ha dichiarato Pierluigi Bersani). Su questo occorre agire, al di là delle vane retoriche di quella che non può essere considerata “casta” ma classe dirigente sempre da sottoporre al vaglio dei cittadini, e capace di essere in sintonia con la sua base fondamentale.

Occorre, tuttavia, “pensare più in grande”. I livelli decisionali nel nostro paese spesso si intrecciano e sovrappongono, rallentando – a volte in maniera snervante – l’azione amministrativa. E’ tempo certamente di pensare ad una ridefinizione dei ruoli di Camera e Senato, che passi anche dalla riduzione del numero dei parlamentari; ma non solo: ciò che conta, anche qui, al di là dei numeri è la qualità effettiva del funzionamento della macchina legislativa.

In questo contesto, per quanto utilizzata in modo strumentale da parte di qualche forza politica, la questione delle provincie e del loro ruolo va affrontata: con serenità, coraggio, ma facendo i conti con la realtà e con le profonde trasformazioni della società italiana, sempre più interconnessa ai processi europei e mondiali, e interrogata da una pluralità di bisogni e interessi un tempo non prevedibili. Le Provincie in Italia, oggi, sono certamente troppe, spesso troppo piccole (così come alcune Regioni: in un paese avanzato come la Germania oggi si discute di accorpare i lander…); occorre rendere più agile il loro processo decisionale, nell’interesse dei territori, del tessuto produttivo e dei cittadini. L’idea di ridurne il numero e di accorparle – avanzata da una proposta di legge costituzionale del PD, primi firmatari Bersani, Franceschini, Villecco Calipari (http://beta.partitodemocratico.it/doc/212728/modifica-allarticolo-133-della-costituzione-in-materia-di-mutamento-delle-circoscrizioni-provinciali-e-di-soppressione-delle-pro.htm) – va certamente nella giusta direzione. Si tratta di una proposta che ha bisogno del sostegno dei cittadini, dunque di essere condivisa e, come ha opportunamente osservato il Sindaco di Forlì Roberto Balzani, spinta dal basso: per questo pare di grande utilità partire da qualche caso concreto che possa rappresentare un esempio.
L’idea di un’unica Provincia delle Romagne va in questa prospettiva e potrebbe – ma su questo ovviamente la discussione è aperta – intersecarsi anche con una nuova modalità di costituzione dell’ente: assemblea di sindaci e amministratori dei vari comuni in grado raccordare e coordinare meglio esigenze che, a volte, confliggono tra loro (con il supporto di authority che vigilino sui vari livelli di controllo dell’azione amministrativa, sul modello anglosassone). Non si tratta di delegittimare – come qualcuno sostiene nel dibattito – gli attuali amministratori, credo che non sia questo il punto che interessa ai cittadini; si tratta di pensare al futuro e di farlo a partire da ora. Guardano alle nuove generazioni e alla necessità di avvicinarle alle istituzioni, non di allontanarle ancora di più. Consapevoli che queste trasformazioni necessitano di tempo per la loro messa a punto.
Per quanto attiene ai lavoratori dipendenti una loro progressiva e adeguata ricollocazione andrebbe ovviamente garantita (i trasferimenti negli anni delle Bassanini sono stati fatti collegati alle funzioni trasferite dallo Stato all’insieme delle autonomie locali a seconda delle diverse competenze attribuite con decreti del Presidente del consiglio dei ministri: dunque una diversa riallocazione delle competenze acquisite e anche, perché no, una loro valorizzazione). Ciò consentirebbe di rafforzare istituzioni territoriali e amministrative che sempre più difettano di competenze tecniche (dal sistema di protezione sociale a quello delle politiche ambientali ed energetiche).

Un’ultima considerazione va poi svolta sui Comuni: anche qui, se si vuole fare i conti con la realtà e anche con bilanci che saranno sempre più duri – anche nei prossimi anni –, occorre una svolta. I piccoli comuni hanno la necessità di unire le loro funzioni, di costruire solide forme di integrazione, nella prospettiva di fusione delle funzioni amministrative (salvaguardando ovviamente il loro patrimonio identitario e culturale). A questo riguardo sono in corso sperimentazioni importanti (nella valle del Rubicone in Romagna, in Valsamoggia nel contesto bolognese e nella “bassa” modenese) che vanno sostenute, approfondite e studiate. La riforma della pubblica amministrazione non può che partire dai comuni e da un loro rilancio in termini di reali processi decisionali.
E’ sulla base di queste considerazioni che si può avviare quel cambiamento radicale sul piano istituzionale che consenta di liberare risorse fondamentali per mantenere servizi di welfare essenziali e di non lasciarsi abbacinare da una conservazione dello status quo che allontana la politica dai bisogni e dagli interessi reali dei cittadini. Non si tratta di piccoli risparmi o di mettere in campo piccoli atti, magari lentamente, quel che serve è davvero una rivoluzione istituzionale, spinta dal basso: non si può più aspettare, non c’è tempo.

Thomas Casadei (consigliere regionale PD)

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Davvero, vivo in tempi bui!

La parola innocente è stolta. Una fronte distesa

vuol dire insensibilità. Chi ride,

la notizia atroce

non l'ha saputa ancora.

Quali tempi sono questi, quando

discorrere d'alberi è quasi un delitto,

perchè su troppe stragi comporta silenzio!

E l'uomo che ora traversa tranquillo la via

mai più potranno raggiungerlo dunque gli amici

che sono nell'affanno?

È vero: ancora mi guadagno da vivere.

Ma, credetemi, è appena un caso. Nulla

di quel che fo m'autorizza a sfamarmi.

Per caso mi risparmiano. (Basta che il vento giri,

e sono perduto).

"Mangia e bevi!", mi dicono: "E sii contento di averne".

Ma come posso io mangiare e bere, quando

quel che mangio, a chi ha fame lo strappo, e

manca a chi ha sete il mio bicchiere d'acqua?

Eppure mangio e bevo.

Vorrei anche essere un saggio.

Nei libri antichi è scritta la saggezza:

lasciar le contese del mondo e il tempo breve

senza tema trascorrere.

Spogliarsi di violenza,

render bene per male,

non soddisfare i desideri, anzi

dimenticarli, dicono, è saggezza.

Tutto questo io non posso:

davvero, vivo in tempi bui!

Nelle città venni al tempo del disordine,

quando la fame regnava.

Tra gli uomini venni al tempo delle rivolte,

e mi ribellai insieme a loro.

Così il tempo passò

che sulla terra m'era stato dato.

Il mio pane, lo mangiai tra le battaglie.

Per dormire mi stesi in mezzo agli assassini.

Feci all'amore senza badarci

e la natura la guardai con impazienza.

Così il tempo passò

che sulla terra m'era stato dato.

Al mio tempo le strade si perdevano nella palude.

La parola mi tradiva al carnefice.

Poco era in mio potere. Ma i potenti

posavano più sicuri senza di me; o lo speravo.

Così il tempo passò

che sulla terra m'era stato dato.

Le forze erano misere. La meta

era molto remota.

La si poteva scorgere chiaramente, seppure anche per me

quasi inattingibile.

Così il tempo passò

che sulla terra m'era stato dato.

Voi che sarete emersi dai gorghi

dove fummo travolti

pensate

quando parlate delle nostre debolezze

anche ai tempi bui

cui voi siete scampati.

Andammo noi, più spesso cambiando paese che scarpe,

attraverso le guerre di classe, disperati

quando solo ingiustizia c'era, e nessuna rivolta.

Eppure lo sappiamo:

anche l'odio contro la bassezza

stravolge il viso.

Anche l'ira per l'ingiustizia

fa roca la voce. Oh, noi

che abbiamo voluto apprestare il terreno alla gentilezza,

noi non si potè essere gentili.

Ma voi, quando sarà venuta l'ora

che all'uomo un aiuto sia l'uomo,

pensate a noi

con indulgenza.

(Bertolt Brecht, “A coloro che verranno”, 1939)

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uno si impegna a fondo,

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non sarebbero

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cominciala.

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Cominciala adesso.

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No, giovani, armate invece il vostro animo di una fede vigorosa: sceglietela voi liberamente purchè la vostra scelta presupponga il principio di libertà. Se non lo presuppone voi dovete respingerla, altrimenti vi mettereste su una strada senza ritorno, una strada al cui termine starebbe la vostra morale servitù: sareste dei servitori in ginocchio, mentre io vi esorto ad essere sempre degli uomini in piedi, padroni dei vostri sentimenti e dei vostri pensieri. Se non volete che la vostra vista scorra monotona, grigia e vuota, fate che essa sia illuminata dalla luce di una grande e nobile idea. A voi tutti i più fervidi auguri per l'anno che sta sorgendo?

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Jake Bohm (David Mazouz), in Touch, 2012

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C’era una generosità civile nella scuola pubblica, gratuita che permetteva a uno come me di imparare. Ci ero cresciuto dentro e non mi accorgevo dello sforzo di una società per mettere in pratica il compito. L’istruzione dava importanza a noi poveri. I ricchi si sarebbero istruiti comunque. La scuola dava peso a chi non ne aveva, faceva uguaglianza. Non aboliva la miseria, però tra le sue mura permetteva il pari. Il dispari cominciava fuori.

(Erri De Luca, Il giorno prima della felicità)

Una delle migliori sensazioni al mondo è quando abbracci qualcuno che ami e lui ricambia stringendoti più forte

(Charles Bukowski)

I veri amici sono quelli che si scambiano reciprocamente fiducia, sogni e pensieri, virtù, gioie e dolori;

sempre liberi di separarsi senza separarsi mai

(Alfred Bougeard)

Incontrarsi fu trovarsi. Nel momento misterioso in cui le loro mani si toccarono, esse si saldarono.

Quando quelle due anime si scorsero, si riconobbero come necessità reciproca e si abbracciarono indissolubilmente

(I miserabili - Victor Hugo)